venerdì 8 febbraio 2013

(Call for Post 2) In realtà sta sparendo il centro



Della necessità di oltrepassare le categorie di destra e sinistra si parla dagli anni Novanta del secolo scorso, e una delle riflessioni più acute in merito, quella di Giddens, fu all’origine teorica della Terza Via di Blair.
Ma a dispetto delle profezie sulla loro obsolescenza, ciò cui si sta assistendo non è una scomparsa di destra e sinistra, quanto piuttosto una nuova radicalizzazione, in virtù della quale ciò che sta sparendo, nelle grandi democrazie occidentali, è piuttosto il ‘centro’. La lenta fuoriuscita dal secolo delle ideologie e la più grave crisi economica dal dopoguerra hanno generato per effetto la nascita di nuovi populismi, di destra e di sinistra, che rendono estremamente problematica la governabilità delle democrazie.
Questa tendenziale polarizzazione dell’elettorato, negli Stati Uniti e in Europa, è uno dei fenomeni più discussi dalla politologia contemporanea. Negli Stati Uniti, il disappearing center (A. I. Abramowitz, The Disappearing Center, Yale 2010) è un fatto confermato da tutte le rilevazioni statistiche. I valori e le credenze fondamentali degli americani, secondo l’analisi del Pew Research, “are more polarized along partisan lines than at any point in the past 25 years”, come indicato dal grafico.



Conseguenza di tale polarizzazione è che, negli Stati Uniti, la lotta politica fondamentale, quella per la Presidenza, rischia di spingere i candidati alla Casa Bianca sempre più lontano dall’elettore medio. Secondo la fosca previsione di Ackerman “nei prossimi cinquanta o cent’anni un numero crescente di presidenti governerà da posizioni ideologiche estreme”.
Questa tendenza alla polarizzazione concerne però come detto tutte le democrazie occidentali e in particolare i partiti di destra. E’ interessante il caso di Israele, anche se la situazione è in questo caso molto condizionata dal contesto internazionale. Chiara è tuttavia anche qui la radicalizzazione del Likud, alleato con la destra nazionalista di Liebermann, assieme alla quale ha peraltro ottenuto un risultato assai inferiore alle aspettative nelle elezioni del 22 gennaio 2013. Alla sua destra, è ora anche insidiato dal partito del ‘Focolare ebraico’ di Naftali Bennett. Ma è il progetto di Kadima, che è stato negli anni scorsi quasi il prototipo del centrismo, ad essersi dissolto.
Anche in Europa tale linea di tendenza appare del resto chiara. Si può anzitutto guardare alla parabola politica di Bayrou in Francia, che aveva incarnato il progetto centrista, ma è praticamente scomparso. Nelle elezioni legislative del 2012 non è stato neppure rieletto deputato. Nelle elezioni presidenziali ha ottenuto la metà dei voti del 2007, piazzandosi quinto, dopo Hollande e Sarkozy e i due candidati estremisti, Marine Le Pen e Mélenchon.
In Gran Bretagna, la radicalizzazione dei Tory (incalzati dalla formazione euroscettica e xenofoba dell’UK Indipendence Party) sta creando seri problemi ai liberaldemocratici, già ridimensionati da una non esaltante esperienza di governo assieme ai conservatori. Nel maggio 2011, la sconfitta alle elezioni amministrative e l’ancor più bruciante sconfitta nel contestuale referendum sulla riforma del sistema elettorale (due terzi degli inglesi hanno votato per mantenere il maggioritario del ‘first past the post’) hanno praticamente cancellato le speranze sorte con il grande successo elettorale dei liberali nelle elezioni del  2010. Tutte le successive tornate di elezioni locali si sono concluse in modo disastroso per i lib-dem, il cui crollo nelle prossime lezioni del 2015 è annunciato.
Complessivamente, la tendenza alla polarizzazione appare un fenomeni radicato e di non facile assorbimento nelle democrazie occidentali. I progetti ‘centristi’, volti ad arginarla, risultano deboli e inefficaci. Sul piano politico, una delle possibili soluzioni è la ricerca di grandi coalizioni, in cui la necessaria coesistenza dei partiti principali depotenzi gli estremisti, favorendo una convergenza verso soluzioni di compromesso: è questa la tendenza prevalente nella democrazia tedesca, ove la Grosse Koalition è l’ipotesi più probabile dopo le elezioni del settembre 2013. Il governo ‘tecnico’, basato su una maggioranza trasversale, è naturalmente un’altra opzione, ma appare legato a soluzioni d’emergenza, come in Italia dopo le dimissioni di Berlusconi, nel novembre 2011.
Per quanto riguarda l’Italia, il cosiddetto bipolarismo ‘muscolare’, assai stigmatizzato,  è certo un fenomeno legato a specifiche caratteristiche italiane, ma si inquadra in una tendenza che investe le principali democrazie occidentali. La radicalizzazione della destra in senso populista potrebbe perciò non essere legata solo a Berlusconi, e non essere riassorbita dopo di lui.
Tutto ciò induce peraltro a pensare, sul piano puramente analitico, che il progetto ‘centrista’ di Monti sia destinato ad incontrare difficoltà considerevoli, al di là del voto del febbraio 2013. Ciò anzitutto a riguardo dell’ambizione più alta, quella di scomporre i due poli favorendo la fuoriuscita dei moderati di entrambi. Ma il problema più generale e grave è che l’ascesa dei populismi rende estremamente difficile governare le democrazie sulla base di un ragionevole riformismo, sia esso di tipo democratico o conservatore. Con il rischio di lasciare alla sola tecnocrazia il compito di opporsi al populismo. 

Gianluca Sadun Bordoni

1 commento:

  1. questo post è un contributo utile a chiarire il problema, ma la questione, mi sembra, non è tanto se destra e sinistra siano finite, bensì se debbano finire, e se significhino ancora qualcosa, posto che non c'è più (o non sembra più esserci) uno sfondo ideologico contrappositivo chiaro. Che cosa pensa a questo proposito Sadun Bordoni?

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